Creative Commons
Creative Commons | |
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Tipo | ONG |
Fondazione | 2001 |
Fondatore | Lawrence Lessig |
Sede centrale | ![]() |
Area di azione | ![]() |
Presidente | Catherine Casserly (A.D.) |
Motto | Some rights reserved |
Sito web | |
Creative Commons (CC) è un'organizzazione senza fini di lucro con sede a Mountain View dedicata ad ampliare la gamma di opere dell'ingegno disponibili alla condivisione e all'utilizzo pubblico in maniera legale.
L'organizzazione ha stilato diversi tipi di licenze note come licenze Creative Commons (o "licenze CC") che forniscono un modo semplice e standardizzato per comunicare quali diritti d'autore dell'opera si riserva e a quali altri rinuncia, a beneficio degli utilizzatori. Ciò ha introdotto il concetto di "Alcuni diritti riservati" (some rights reserved) a metà tra il rigido modello di copyright con "Tutti i diritti riservati" (All rights reserved) e il modello del pubblico dominio con "Nessun diritto riservato" (No rights reserved).
Le licenze Creative Commons evidenziate dalla dicitura Approved for Free Cultural Works sono quelle maggiormente promosse poiché approvate per l'utilizzo in opere culturalmente libere.[1]
Scopi
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Gli obiettivi di Creative Commons (CC) sono:
- Fornire un'alternativa flessibile e basata su standard al diritto d'autore tradizionale che dia ai creatori la libertà di condividere le loro opere mantenendo il controllo su come vengono utilizzate.
- Promuovere la condivisione e il riutilizzo delle opere creative, rendendo più facile per le persone trovare e utilizzare le opere che sono disponibili sotto licenze permissive.
- Facilitare la collaborazione e la creazione di nuove opere, consentendo la condivisione legale e il remix di opere esistenti.
- Sostenere lo sviluppo di un vivace patrimonio culturale, fornendo un quadro giuridico per la condivisione della conoscenza, della creatività e della cultura.
- Aumentare l'accesso alla conoscenza, alla creatività e alla cultura, rendendo le opere disponibili per il libero uso e riutilizzo da parte del pubblico.
- Promuovere una maggiore comprensione e rispetto per il valore della condivisione e della collaborazione, sensibilizzando sull'importanza di un approccio più aperto e collaborativo alla creatività e all'innovazione.
Questi sono alcuni degli obiettivi principali di Creative Commons, che lavora per fornire strumenti e risorse legali per aiutare i creatori a condividere le loro opere e promuovere una cultura più aperta e collaborativa.[2][3]
Le licenze CC consentono di modificare facilmente i termini di copyright dal default di "tutti i diritti riservati" ad "alcuni diritti riservati"; non sono un'alternativa al copyright ma lavorano a fianco del copyright e consentono di modificare i termini di copyright per soddisfare al meglio le esigenze degli autori di opere creative.[4]
Le licenze di tipo Creative Commons permettono a quanti detengono dei diritti di copyright di trasmettere alcuni di questi diritti al pubblico e di conservare gli altri, per mezzo di una varietà di schemi di licenze e di contratti che includono la destinazione di un bene privato al pubblico dominio o ai termini di licenza di contenuti aperti (open content). L'intenzione è quella di evitare i problemi che le attuali leggi sul copyright creano per la diffusione e la condivisione delle informazioni.
Il progetto fornisce vari tipi di licenze libere, le licenze Creative Commons, che i detentori dei diritti di copyright possono utilizzare quando pubblicano le proprie opere sulla Rete. Il progetto fornisce anche dei metadata RDF/XML che descrivono la licenza ed il lavoro che rende più facile il trattamento automatico e la ricerca delle opere concesse con Licenza Creative Commons; viene anche fornito un Founder's Copyright[5], il quale è un contratto che vorrebbe ricreare lo spirito del concetto originale di copyright così come introdotto dai padri fondatori nella costituzione statunitense.
La normativa per le Creative Commons fornisce un insieme di 4 opzioni che permettono facilmente di riconoscere i diritti vantati dall'autore e da terzi sull'oggetto della licenza. Diversamente dalla General Public License, la legge per le Creative Commons non contiene un testo di riferimento "pronto all'uso", che l'autore può adottare per la sua opera senza alcun adattamento di tipo tecnico o legale.
La normativa non ha disciplinato il tema della revoca della licenza, per mutata volontà dell'autore o obbligazioni legittime derivanti da cause di forza maggiore, come un ordine giudiziale, e il tema collegato della retroattività di questa revoca verso le parti dell'opera già disponibili sotto licenza open source e open content, e in particolare in avanzato stato di modifica da parte di altri soggetti.
L'autore di un programma o opera in genere potrebbe ad esempio distribuire gratuitamente e sotto una licenza Creative Commons per un certo periodo di tempo, beneficiando di una pubblicità gratuita fra gli utenti e dei contributi apportati dalla comunità, dopodiché potrebbe legittimamente revocare la licenza e iniziare una distribuzione commerciale dell'opera.
La licenza GNU-GPL dalla versione 2.0 ha regolato la materia, prevedendo che l'autore può revocare la licenza solamente per la sua copia, non per quelle già distribuite ad altri utenti, e che quindi la revoca non può essere retroattiva, riguardando soltanto parti di codice e modifica all'opera successive al cambio di licenza. Inoltre, se per obbligazioni dovute a cause di forza maggiore, l'autore non può applicare la licenza questa si intende revocata automaticamente per l'intera opera. Resta il caso di una revoca retroattiva per cause di forza maggiore, prevalenti sul testo della licenza stessa, che non è ancora regolato dalla legge.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Le licenze Creative Commons sono state anticipate dalle licenze Open Publication License (OPL) e GNU Free Documentation License (GFDL). La GFDL è intesa principalmente come una licenza per la documentazione software, ma è anche in uso per progetti che non riguardano strettamente il software, come la stessa Wikipedia. La licenza OPL è ora defunta, e il suo stesso creatore suggerisce di non utilizzarla. Sia la OPL che la GFDL contenevano delle sezioni opzionali che, nell'opinione dei critici, le rendevano meno libere. La GFDL si differenzia dalle licenze Creative Commons nella sua richiesta che i lavori licenziati con essa vengano distribuiti in una forma "trasparente", ad esempio non usando formati proprietari e/o segreti.
Creative Commons è nato ufficialmente nel 2001 per volere del professore Lawrence Lessig, docente della facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Stanford (e in precedenza anche di Harvard) riconosciuto come uno dei massimi esperti di diritto d'autore negli Stati Uniti. Lessig fondò l'organizzazione insieme a Hal Abelson e Eric Eldred come metodo addizionale per raggiungere il suo scopo nel suo caso di fronte alla Corte Suprema degli Stati Uniti, Eldred v. Ashcroft. Oltre a Lessig il progetto è stato poi portato avanti da un consiglio d'amministrazione costituito da esperti di diritto informatico e di tematiche relative alla proprietà intellettuale tra cui James Boyle, Michael Carroll, Molly Shaffer Van Houweling (questi ultimi tre fra i primi membri dell'Icann), Hal Abelson (docente di Computer Science al MIT), Eric Saltzman (avvocato, regista di documentari, esperto di diritto informatico), Davis Guggenheim (regista di documentari), Joi Ito (noto impresario giapponese) ed Eric Eldred, editore di libri di pubblico dominio. Hanno inoltre contribuito al decollo del progetto molti studenti della Harvard Law School.[6]
Dopo essere dunque state presentate al pubblico, le licenze Creative Commons furono quindi pubblicate a San Francisco il 16 dicembre 2002.[7] Al progetto fu conferito il Golden Nica Award durante il Prix Ars Electronica nella categoria Net Vision nel 2004.
Nel marzo 2009 è stata attivata la prima versione per la licenza Creative Commons 0. Con questa licenza, l'autore rinuncia a qualunque diritto sull'opera, che può essere utilizzata da tutti, in qualunque modo, per sempre e senza condizioni. Scompare pure l'obbligo di citare l'autore.
La legislazione, al momento, non prevede che vi sia un ente preposto dove l'autore possa depositare l'opera prima di distribuirla. È più difficile per l'autore dimostrare la paternità dell'opera, nel caso in cui qualcuno applichi successivamente il diritto d'autore, e al limite accusi di averlo violato quanti fruiscono l'opera stessa.
Rispetto alla licenza, prevale la legislazione, che nei Paesi di civil law prevede che resti l'obbligo di citare l'autore, e che i diritti morali sulle opere siano per questi irrinunciabili.

L'iCommons è un'istituzione che si occupa dell'organizzazione dei Commons deed. Nel periodo immediatamente successivo alla nascita delle licenze Creative Commons ogni paese era caratterizzato dal proprio codice legale e ciò poteva facilmente determinare una frattura tra paesi che si fossero trovati a dover sostenere una causa riguardante le opere creative. Dall'Aprile del 2008, per ovviare queste inutili divergenze, si è dunque passati ad un modello di codice digitale, al fine di racchiudere le licenze di ogni Paese in un'unica versione e garantire maggiore stabilità (nel caso in cui in un paese venga violato o vietato un diritto concesso dalla licenza, il problema si risolve dando precedenza all'ordinamento del paese dove è applicato).
In Italia
[modifica | modifica wikitesto]Creative Commons (CC) è un'organizzazione internazionale no-profit che fornisce strumenti legali gratuiti per la condivisione di opere creative. In Italia, Creative Commons è attiva dal 2004 e la sua missione è quella di promuovere la condivisione e l'utilizzo di opere creative fornendo strumenti legali che consentano ai creatori di esprimere i propri diritti e le proprie preferenze in modo standardizzato e di facile comprensione.[8]
Le licenze Creative Commons sono utilizzate in Italia da diversi creatori, tra cui artisti, fotografi, musicisti, registi, scrittori e altri. Queste licenze consentono ai creatori di mantenere il proprio diritto d'autore e di mettere le loro opere a disposizione di altri per l'utilizzo e la valorizzazione, a determinate condizioni.
In Italia, Creative Commons lavora a stretto contatto con istituzioni culturali, organizzazioni educative e altri soggetti interessati per promuovere l'uso di licenze aperte e incoraggiare lo sviluppo di un vivace patrimonio culturale. L'organizzazione partecipa anche a discussioni e iniziative politiche relative alla proprietà intellettuale e all'economia digitale.
Nel complesso, Creative Commons svolge un ruolo importante nel sostenere la crescita dell'economia creativa italiana e nel promuovere la condivisione della conoscenza e della cultura in Italia e nel mondo.[9]
Nella primavera del 2003, in seguito al crescente interesse per le licenze Creative Commons, l'Istituto di Elettronica e di Ingegneria dell'Informazione e delle Telecomunicazioni (IEIIT organo del CNR - Consiglio Nazionale delle Ricerche) contatta Creative Commons per offrirsi di trattare in modo più ampio e dettagliato il tema delle licenze CC in Italia. Scopo del progetto era quello di tradurre e adattare al modello legislativo italiano le licenze CC create in un sistema giuridico differente, quello americano, soggetto alla Common Law. DSG e IEIIT-CNR firmano quindi un memorandum of understanding con Creative Commons per iniziare il lavoro di traduzione e adattamento.[10] Come punto di partenza di questo progetto, l'avvocato milanese Antonio Amelia ha proposto le prime traduzioni delle licenze contestualizzandole alle leggi italiane.
Il 18 novembre 2003 il fondatore di Creative Commons Lawrence Lessig, già professore alla Stanford University nonché uno dei massimi esperti mondiali in materia di diritto d'autore, annuncia ufficialmente l'inizio del lavoro di traduzione e adattamento delle licenze CC da parte del team italiano. Viene nominato a capo del progetto il professore Marco Ricolfi, docente presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche (DSG) dell'Università degli Studi di Torino. Al gruppo di lavoro giuridico, del quale fanno parte anche Marco Ciurcina, Massimo Travostino, Nicola Bottero e Samantha Zanni, si affianca l'attività di Juan Carlos De Martin e Alessandro Cogo, appartenenti all'IEIIT-CNR (oggi rispettivamente co-direttore e fellow del Centro Nexa su Internet e Società del Politecnico di Torino), che fornisce consulenza e sviluppo in merito agli aspetti tecnologici, oltre che a quelli di traduzione. Inizia inoltre ad avviarsi un'interazione con la comunità, prevalentemente tramite la mailing list e un wiki.
Nel maggio del 2004 sono state pubblicate le prime versioni delle licenze Creative Commons, tradotte dapprima nella versione 1.0 e in seguito nella versione 2.0 (in cui il numero delle licenze passa da undici a sei)[10], entrambe disponibili su un wiki per poter essere discusse pubblicamente dalla comunità. Il 16 dicembre 2004 vengono presentate a Torino, presso la fondazione Giovanni Agnelli[10], le Licenze Creative Commons italiane, in occasione di un convegno che vede ospite d'onore Lawrence Lessig; in tale occasione sono stati anche resi pubblici quattro documenti riguardanti alcuni dei temi approfonditi nel corso dell'attività.
A questo punto, l'attività di Creative Commons Italia è totalmente avviata, e nel 2005 è iniziata una nuova fase del progetto: il prof. Marco Ricolfi viene sostituito alla guida di Creative Commons Italia da Juan Carlos De Martin, mentre Ricolfi assume il ruolo di coordinatore scientifico del gruppo giuridico. Sempre a Torino, nel novembre 2005, si è tenuto CCIT2005, il primo incontro nazionale di CC Italia, su temi riguardanti il multimedia, l'editoria e la musica. A tale incontro ne seguiranno altri: nel 2006, a seguito della presentazione pubblica della versione 2.5 delle licenze Creative Commons italiane. In questa occasione si è discusso di questioni relative ad archivi, User Generated Content e open access. Nel 2009, a seguito della presentazione della bozza 3.0 delle licenze, si sono affrontati temi relativi alle licenze libere e alla gestione collettiva dei diritti. Il 2010 ha rappresentato l'occasione per fare il punto sulle licenze 3.0, analizzando le clausole difficili, la legge applicabile e le banche dati, approfondendo inoltre progetti editoriali ed educativi che fanno uso di licenze CC. La versione 3.0 delle licenze italiane viene presentata al pubblico nel giugno del 2011 e, nel corso dello stesso anno in occasione di CCIT2011, l'avvocato Massimo Travostino ha descritto i futuri sviluppi e i primi passi compiuti verso l'elaborazione della versione 4.0 delle licenze Creative Commons. Durante l'incontro sono stati inoltre presentate diverse iniziative di successo che hanno fatto uso di licenze CC.
A partire dal 17 dicembre 2012, Federico Morando è subentrato a Juan Carlos De Martin in qualità di Lead di Creative Commons Italia.[11]
Il sito web (http://www.creativecommons.it), che nella prima fase del progetto è stato creato e gestito da membri della comunità (in primo luogo dai promotori del sito, Danilo Moi e Lorenzo De Tomasi, coadiuvati dal nucleo di collaboratori), a partire dal 2005, con l'avvio della Fase II del progetto CC Italia, è passato dall'EIIT-CNR al Politecnico di Torino, diventando il sito ufficiale di Creative Commons Italia. Il sito continua a svilupparsi grazie al contributo del Centro Nexa su Internet e Società e dei commoner, che avviene sia attraverso i commenti al sito ufficiale, sia tramite le pagine dei commoner.[12]
Nella primavera del 2018, l'associazione statunitense Creative Commons si è riorganizzata nel c.d. Creative Commons Global Network, una rete mondiale facente capo a diverse entità locali.
Anche la comunità italiana si è adeguata al nuovo organigramma dando vita al capitolo italiano, costituito il 6 dicembre 2018 grazie alla volontà di Deborah De Angelis e Claudio Artusio (entrambi Fellow del Nexa Center for Internet & Society e già componenti del gruppo di lavoro giuridico CC Italia) e membri individuali del Creative Commons Global Network. Chapter lead e rappresentante presso il Global Network Council è stata nominata Deborah De Angelis.
L’attuale membro istituzionale del Creative Commons Global Network è l’https://creativecommons.it/chapterIT/ e ha sostituito definitivamente il precedente.
Il capitolo italiano ha il ruolo fondamentale di applicare i principi del global network al contesto italiano, tenendo in considerazione la specifica sensibilità del luogo e studiando le soluzioni migliori per il tessuto normativo e culturale italiano.
In particolare, oltre al supporto tecnico e giuridico dal punto di vista della comprensione e del corretto utilizzo delle licenze, l'impegno è orientato alla creazione e valorizzazione di progetti di ricerca e studio nel campo dell'open culture. A questi si affianca l’attività di sensibilizzazione e diffusione della cultura della condivisione e delle licenze Creative Commons. In questo senso il capitolo si occupa di promuovere incontri, laboratori, seminari, workshop e più in generale attività formative ed educative sia a livello scolastico, sia universitario.
Un altro dei settori di approfondimento è quello dell’open education e di tutte le possibilità connesse alla diffusione e condivisione della conoscenza da parte dei professionisti del settore didattico e formativo.
Questo percorso si inserisce in un momento storico in cui l'Italia ha mosso i primi passi verso la condivisione dei dati pubblici, aderendo alla Open Government Partnership e ideando strumenti a sostegno della cultura dell'open government. Il capitolo, quindi, coopererà nel processo di apertura delle informazioni, approfondendo le tematiche dell’open data.
D’altro canto, obiettivo del comparto italiano è quello di valorizzare al massimo le potenzialità di internet in relazione al patrimonio culturale della penisola.
La qualità e densità di quest’ultimo, infatti, fa sì che il paese sia il terreno ideale per studiare e ideare soluzioni all'avanguardia, che siano in grado di garantire la tutela di un patrimonio inestimabile e, al contempo, sfruttare le infinite possibilità del web, contemperando l’esigenza della tutela dell'opera dell'ingegno con quella della sua più ampia circolazione.
Compito del capitolo è, dunque, quello di coadiuvare e supportare il processo di cambiamento, favorendo lo sviluppo della cultura dello sharing sia nel settore pubblico che in quello privato. Ruolo cardine affidato alle strutture locali della rete, infine, è quello di fungere da intermediari tra il Creative Commons Global Network e le realtà presenti sul territorio nazionale.